DESCRIZIONE E ANALISI DEL PROGETTO

Round trip è un’opera multidisciplinare, che, attraverso la contaminazione di diverse forme di linguaggio, ha l’obiettivo di comunicare speranza in un periodo storico in cui l’essere umano si ritrova vittima di un ripetitivo eco di sofferenza, vissuto con rassegnazione passiva.
La scelta del viaggio come filo conduttore, apertamente dichiarata a partire dal titolo dell’opera, si carica di una simbologia intricata percepibile soltanto a posteriori.
L’allusione del titolo al tema del viaggio, archetipo della banalità spettacolarizzata, convince a priori il pubblico di un sapere quasi rasserenante: ciò che sta per vedere lo conosce e potenzialmente lo annoierà. Ed ecco che il primo tema dello spettacolo si svela senza farsi nemmeno notare: le aspettative, costante di vita che alla fine del viaggio troveranno una sfumatura addirittura positiva. Il pubblico “saccente” viene catapultato in uno spazio che lo accoglie vestendolo di un ruolo non dichiarato: è parte integrante di una storia e gode del privilegio di poterne decretare l’inizio, senza esserne a conoscenza.
Azioni che determinano reazioni, in un cerchio continuo di vibrazioni che portano all’incontro.

Round trip non è altro che la condivisione di una storia, nella quale il pubblico riesce a riconoscersi.
Corpi incastrati in un loop senza fine, popolano lo spazio trasformandolo in un grande reparto psichiatrico. Nasi rossi, maschere, occhi spalancati verso un orizzonte incastrato nei confini.
Al centro, il punto d’arrivo di un percorso circolare che, strada facendo, si arricchisce di compagni di viaggio.
Il primo traguardo è rappresentato dalla scelta: scelta del percorso, del comportamento, dei compagni di viaggio, di vita..
La prima consapevolezza si manifesta nel riconoscersi nell’altro attraverso un linguaggio non verbale, che comunica desiderio di libertà.
Un percorso lento, che terrorizza e al contempo attrae coloro che, come da copione, hanno scelto di rifugiarsi nei propri loop quotidiani.
L’incontro si palesa nella sua rete dalla trama senza fine, determinando cambiamenti e generando nuove consapevolezze. La parola al corpo, nel suo dialogare con la musica della propria anima, che sceglie di condividersi, di rischiare per la libertà.

Round trip si sviluppa lungo un percorso in crescendo, che mostra come il linguaggio corporeo possa generare energia che sa di vita. La presa di coscenza si concretizza nella messa in scena di anime che si liberano nella naturale condivisione della propria personalità. La coreografia si compone di corpi che si abbandonano al suono diventando strumenti musicali di un’orchestra vivente, diretta da un personaggio carico di estrema ambiguità. Un uomo, nè troppo giovane nè troppo adulto, forse uno psichiatra oppure uno psicopatico, portatore di ordine e disordine secondo tempistiche ben precise, nell’ossessiva ricerca di una qualche forma di equilibrio.

Protagonista di Round trip è l’hip hop, un vero e proprio stile di vita che nasce dalla necessità di rottura con un mondo in perenne conflitto, esprimendo, in tutte le sue forme, l’esigenza di far sentire il proprio pensiero e la gioia di sentirsi parte di un cerchio fatto di scambi di energia e condivisione. Un linguaggio aperto e comprensibile da tutti, il perfetto riassunto della presa di coscienza. Un puro e semplice inno alla vita.
La danza si esprime in una contaminazione di stili: breaking, modern contemporary, elementi di tango argentino e body percussion, raccontano della conoscenza fra due anime che, amalgamandosi, accrescono la propria consapevolezza, che profuma di libertà.

Durante lo spettacolo, l’eco di una voce di donna che sussurra regole di vita come fossero frasi da manuale, è una costante fuoricampo che rimbomba nelle orecchie con cadenza maniacale.
Concetti, appunti di viaggio, regole, ancore di salvataggio.
Nel delirio del cambiamento appare la cantante a piedi scalzi, una presenza eterea, rassicurante per certi versi. Quella che durante la scena iniziale si aggira per la sala cercando di stare in equilibrio su di un filo immaginario, con quel suo fare superior, ma reale. Il canto la descrive, carico dell’emozione di parole appartenenti al suo reale vissuto. un dialogo con la danza che si racconta attraverso una coreografia di corpi incastrati ad una rete di elastici.
Nel silenzio prende forma l’intima melodia del monologo: racconta di evasione, storie, incontri, linguaggi universali, paure, tempo, scelte, consapevolezze, cerchi, senso.

Il mondo di round trip è carico di simbologie, si esprime nei gesti, nelle immagini, nelle parole, per poi concludersi in una danza fatta di lingua dei segni: Prigione, Deserto, Menti libere, Condivisione, Obiettivi. Parole di vita che ci rendono parte di un tutto.
Le luci si spengono e il palco è pieno di dipinti: la pittura, che domina sin dall’inizio la scena con delle grandi tele bianche raffiguranti disegni geometrici espressione di vita, chiude lo spettacolo mostrando un’immagine di corpi privi di una parte incastrati in una cornice.
La voce fuori campo conclude la storia e sussurra ”punto”.
Una chiusura che sa di porta spalancata verso una curiosità, una tentazione, una speranza in più.
Round trip si conclude consumando l’ultimo granello di una clessidra che può essere girata e ricominciare a svuotarsi per colmare un’altra parte di sè.